La caponata. Per la Giornata di Montalbano

La caponata

Per la Giornata di Montalbano






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Non ho letto tutto , di Andrea Camilleri, ma ogni volta che ho incontrato Montalbano, mi sono divertita e ritrovata nella Sicilia che vedono gli altri, non so se poi quella reale.
Tanti aspetti della vita siciliana sono certo un po' caricati, esagerati, per lo meno secondo la mia visione , ma forse sono solo più veri di quello che desidererei.
 La descrizione di paesaggi isolati e assolati, di anziani con la coppola seduti al bar della piazza o davanti casa, non sono certo desueti, soprattutto nell'interno della nostra bella Sicilia. E vorrei fossero completamente frutto della fantasia di Camilleri il modo in cui la donna è vista dall'altro sesso, le caricature di certi personaggi,ma...
Un aspetto che mi ha sempre colpito piacevolmente è, invece, il rapporto che Montalbano, e quindi Camilleri, ha con il cibo.
Questo è sempre rifugio,pausa, ristoro, piacere puro, conforto.
Così come ancora per ogni vero siciliano.
In questa attenzione  quasi esasperata al cibo, da siciliana, mi rispecchio. E' il cibo che segna il trascorrere del tempo,all'interno della giornata, ma anche con il cambio delle stagioni, ed è sempre il cibo che può, da solo, modificare o determinare l'umore di Montalbano. 
Soffermandomi maggiormente sulla lettura dell' ultimo romanzo ,noto ancora una volta come i pasti siano per il commissario momenti imprescindibili della giornata... In tempi in cui il pranzo è ormai sostituito sempre più spesso da un tramezzino,lui va invece alla ricerca dei manicaretti della sua trattoria del cuore, e, tornato a casa, il momento in cui scopre cosa Adelina gli ha lasciato in forno o frigo, è sempre un momento di piacevolissima sorpresa.  Mangia ,da solo,con grande piacere e sempre e comunque,anche quando è in compagnia, in assoluto silenzio. 
 Il silenzio è preteso, anzi, da Montalbano, gli è necessario per potenziare e acuire tutti e cinque i sensi, e liberargli la mente.
E questa sacralità del cibo, l'importanza del momento del pasto, la necessità di sottolineare ogni momento importante a tavola, sono forse gli aspetti che più me lo fanno sentire vicino.
Io cucino per condividere, per il piacere di far provare piacere a chi mi è caro, ma mangio per il puro piacere di farlo. 
Anche sola.
Mio marito dice che la felicità non può chiamarsi tale se non è condivisa, ed ha ragione, ma il piacere del buon cibo, per me, resta anche  se sono sola. Questo non vuole affatto dire che  non gioisca dei grandi pranzi della mia famiglia,o che non ricordi con emozione tutti i bei momenti trascorsi con chi è nel mio cuore mangiando e ridendo, ma ,ripeto,  amo anche mangiare in solitudine.
Certo, il cosa è importante. Deve comunque essere un piatto atteso, desiderato, anche meritato, ogni tanto. L'attesa, la sorpresa di Montalbano davanti ai piatti di Adelina, le aspettative prima di assaggiare le ricette di Enzo,mi riportano alla mente l'infanzia, quando tornare da scuola significava anche indovinare cosa aveva cucinato mia madre, o le telefonate di mia nonna, che già di lunedì chiedeva cosa avremmo preferito per il pranzo della domenica successiva...
Quando vado dai miei e mi fermo, senza preavviso, per cena, dico sempre che anche solo un uovo ad occhio di bue, ma cucinato da mia madre , per me, valle mille cene preparate da me.
 Lo penso veramente.
Perché
 cosa è il cibo cucinato con amore, se non una coccola ?

Ho scelto, fra le decine di ricette nominate e gustate dal Commissario, la classica caponatina, per il Calendario del cibo italiano e la Giornata di Montalbano
 . 
Non mi dilungherò sull'etimologia, sull'evoluzione che nel tempo ha avuto la ricetta, sulle decine di versioni che esistono di questo piatto. Non so se abbia più ragione chi faccia riferimento alle antiche cauponae , per spiegarne il nome, o alla presenza del pesce capone in una delle tante versioni..Certo, conosciamo quella, antica e nobile, in cui era arricchita da polpi, aragosta, gamberi e decorata da soldoni di uovo sodo nero, ma quello che vorrei mettere in risalto qui è il significato che la caponata ha per i siciliani.
Ne andiamo orgogliosi.
Perché, qualunque sia la nostra ricetta, sarà difficile ottenerla uguale in altri posti che non la Sicilia.
Non sarà facile, altrove, trovare le melanzane Viola, i capperi delle Isole Eolie, le olive in salamoia fatte in casa,l'aceto di vino, le mandorle siciliane...
Ma , soprattutto, sarà impossibile ritrovare , in un altro luogo, il bagaglio di storia , cultura e tradizioni secolari che la nostra caponata ha.


Ingredienti:

Melanzane Viola kg 1
Una cipolla rossa g 150
Olive verdi in salamoia g 200
Capperi di Salina sotto sale g 80
Passata di pomodoro fresco g 200
( o due cucchiai di concentrato)
Sedano g 150
Aceto rosso dl 1
Zucchero ( io di canna) g 80
(si può sostituire con il miele)
Olio evo 
Olio di arachidi l1
Mandorle non pelate g150
Sale 
Pepe

Procedimento


Lavare le melanzane, pelarle e tagliarle in grossi dadi, che andranno posti , a strati e cosparsi di sale, in una ciotola, con un peso sopra per perdere  il liquido amarognolo.
Dopo una mezzora, sciacquare le melanzane, asciugarla bene e friggerle in olio profondo,mettendole poi su carta assorbente.
Tagliare la cipolla a jiulienne, tritare non troppo finemente le coste di sedano, e denocciolare le olive. Intanto, i capperi si saranno messi a dissalare .
In una padella dal giusto diametro porre in poco olio evo la cipolla, e solo dopo qualche minuto, quando sarà appassita ma non ancora colorita, il trito di sedano, le olive ed i capperi, ormai dissalati.
Infine, aggiungere la passata (o il concentrato) e, dopo, le melanzane.
Fare cuocere per una quindicina di minuti, aggiustare di sale e pepe e sfumare con l'agrodolce, ottenuto mescolando in una tazza l'aceto con lo zucchero. Fare sfumare l'aceto, aumentando il gas per qualche istante, e togliere dal fornello. Far freddare ed aggiungere , prima del servizio, le mandorle tostate e tritate e qualche foglia di basilico fresco.

NOTA

Se si volesse servire con l'antica Salsa San Bernardo, la ricette si trova Qui .
















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